mercoledì 24 ottobre 2007

ROCCHETTA s.p.a. e la scomparsa dell’acqua a GUALDO TADINO (PG)


Lungo la dorsale degli appennini dell’Italia centrale, nella città di Gualdo Tadino(PG), i cittadini stanno protestando per una mancanza d’acqua nelle condutture idriche comunali. Fiaccolata verso la ROCCHETTA s.p.a. PROTESTA ACQUA! Questa situazione ha inizio oramai da metà settembre 2007. Il fenomeno delle turnazioni si sono sempre più intensificate. Inizialmente si sono verificate delle sospensioni notturne, ora siamo giunti a sospensioni anche diurne con un disagio notevole dei cittadini gualdensi. Per alleviare a questa mancanza d’acqua, si sta intervenendo con autobotti che riforniscono i conservoni di Gualdo Tadino. L’acqua viene prelevata dalla cittadina di Branca(PG) da una nuova conduttura momentaneamente inutilizzata per un nuovo ospedale in costruzione. Da sottolineare che questa rifornitura soddisfa solo il 3% dell’esigenza totale d’acqua della cittadina.
Ora, questa situazione a dir poco assurda, si è venuta a creare per due motivi. Prima cosa per la siccità. Le precipitazioni invernali (sopratutto quelle nevose), non sono state sufficienti per rinforzare le falde acquifere di profondità. Secondo motivo e quello principale, manca acqua a causa dei prelievi industriali della Rocchetta s.p.a.

La Rocchetta s.p.a. sta prelevando acqua nella zona di Gualdo Tadino tramite pozzi artificiali profondi dai 300 ai 600 metri. Questo fatto va sottolineato e rimarcato per far capire che non si preleva acqua di sorgente, ma si preleva da pozzi in modo forzato. Questo è devastante per qualsiasi bacino idrico in quanto ogni anno il livello dell’acqua si abbassa costantemente, fino a seccare fiumi e sorgenti millenarie. Queste affermazioni sono supportate dal Prof. Tulipano e Prof. Sappa dell’Università “La Sapienza” di Roma i quali hanno fatto uno studio della zona in questione grazie anche all’aiuto economico del comune di Nocera Umbra(PG).
Lungo la cittadina di Gualdo Tadino, scorreva il RIO FEO. Sottolineo scorreva perché ora sono tre anni che il fiume non c’è più, completamente secco. Così come si stanno seccando anche i fiumi limitrofi, il Vaccara e il Rio Fergia. Quest’ultimo ha anche un Comitato che ne è a difesa, dove sono anni che lottano su tutti i fronti legali per far restare l’acqua al suo posto, contro i prelievi industriali della Rocchetta s.p.a. Ora, siamo arrivati al punto che l’acqua non c’è più. Manca l’elemento della discussione e elemento di vita per qualsiasi essere vivente.


Il signor Angelo Viterbo, Responsabile delle Politiche Territoriali della Regione Umbria, dichiarò ad una intervista di “W l’Italia Diretta”, che se a un solo cittadino fosse mancato un solo litro di acqua, immediatamente sarebbero stati sospesi i prelievi industriali. L’acqua viene razionata, ma la Rocchetta s.p.a. preleva ancora dai pozzi e i cittadini stanno a secco. Questa è solo una delle tantissime ILLEGALITA’ della Rocchetta s.p.a. Non basterebbe un giorno intero per elencarle tutte. Inotre, concludo dicendo, che la Rocchetta s.p.a. ha messo in piedi l’IDREA s.r.l., una società satellite nata solo per arrivare a una nuova concessione di prelievo industriale. Infatti, la regione Umbria ha concesso all’IDREA s.r.l. il prelievo d’acqua nella zona tra Gualdo Tadino(PG) e Boschetto(PG). Il pozzo è già esistente e eseguito quattro anni fa dalla Rocchetta s.p.a., la concessione è a nome dell’IDREA s.r.l. e l’eventuale conduttura finirebbe proprio negli stabilimenti d’imbottigliamento della Rocchetta s.p.a. In pratica la Rocchetta s.p.a. ha due concessioni sullo stesso territorio. Spiegare tutto in poche parole non è semplice, ma qui si sta consumando un sopruso da anni. Il Comitato per la Difesa del Rio Fergia è forte e tenace, tanto da arrivare a un ricorso al TAR per le innumerevoli illegalità. Il 24 Ottobre 2007 sapremo se il TAR avrà accolto o meno le denunce del Comitato e proseguire con le indagini del caso.
Metto qui di seguito alcuni link utili e alcuni filmati espicativi, sopratutto vedere i filmati di W l’Italia Diretta:



Articolo a cura di: Massimo Michelini

domenica 21 ottobre 2007

Troppa libertà in "rete"





Siete tra quanti si indignarono per l’ “editto bulgaro” di Berlusconi? Quello con cui tappò la bocca a Biagi, Luttazzi e Santoro? Bene, in politica, più che in qualsiasi altro settore, sembra che al peggio non vi sia mai limite. Si è passati dal chiudere la bocca a tre giornalisti scomodi al tentativo di chiuderla all’intero Web italiano. Ci sarebbe da ridere, se non ci si dovesse incazzare. Ma veniamo ai fatti. Il 12 ottobre del 2007 il Consiglio dei Ministri ha approvato un disegno di legge (successivo alla “legge delega” del 3 agosto) noto come Levi-Prodi, per il quale chiunque abbia un blog o un sito personale deve registrarlo ad uno speciale registro dell'Autorità delle Comunicazioni, producendo dei certificati e pagando eventuali marche da bollo, anche se fa informazione senza fini di lucro. Il disegno di legge obbliga inoltre a dotarsi di una società editrice e ad avere un giornalista iscritto all'albo come direttore responsabile. Il mancato rispetto di queste regole comporterà la chiusura dell’eventuale sito o blog.

Ma cosa occorre per registrarsi a questo Registro degli Operatori di Comunicazione? Tale registro ha sede a Napoli e fa parte dell’Autorità per le garanzie sulle Telecomunicazioni, sul loro sito è possibile consultare la serie degli adempimenti da espletare per ottemperare a questa “formalità”, per visualizzarli clicca qui.

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Questa notizia, piombata sul popolo di internet come un fulmine a ciel sereno, naturalmente, è stata data da pochissimi editori, tra i quali Beppe Grillo, Punto-Informatico.it, Xavier Jacobelli su Quotidiano.net e qualche altro portale che non ha nulla a che vedere con il servizio di informazione. Silenzio da tutti gli altri mezzi di informazione.

Oltre alla natura censoria del disegno di legge, va sottolineato anche un altro rovescio della medaglia, ovvero la morte di tutti i piccoli provider italiani, i quali si troveranno di fronte ad una migrazione di massa verso server ubicati in democrazie di nome e di fatto. Occorre considerare inoltre, la montagna di introiti extra che otterrebbe il registro con questo disegno legge ( già soprannominato da alcuni “internet tax”), la cui giustificazione è la necessità di “tutelare dalla diffamazione”. Non ci rimane che augurarci che questo provvedimento non vada molto lontano, alla faccia di chi teme una rete (ed un’informazione) LIBERA, e vorrebbe metterle il bavaglio.

Firmate la petizione "No al DDL che limita la democrazia in Rete"